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Tensione Usa-Ue sugli hedge

di Adriana Cerretelli

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12 marzo 2010

Resta sempre al centro dell'attenzione generale la guerra alla speculazione finanziaria, anche se con sensibilità e interessi diversi sia dentro l'Europa sia tra l'Europa e gli Stati Uniti. È stata la pubblicazione di due lettere, ieri, a infuocare l'atmosfera dei difficili negoziati in corso.

La prima con quattro firmatari, il cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente francese Nicolas Sarkozy, quello dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker e il premier greco George Papandreu (il testo integrale è riportato qui sotto), propone l'adozione di un severo codice di condotta per i credit default swaps (CDS), ritenuti da alcuni tra i maggiori responsabili degli attacchi speculativi contro la Grecia e del relativo rincaro dei tassi per il rifinanziamento del suo debito sui mercati.

La seconda, inviata dal segretario al Tesoro americano Tim Geithner al commissario Ue al Mercato interno e ai Servizi finanziari Michel Barnier, minaccia di scatenare una guerra transatlantica sulla regolamentazione degli hedge fund. Anche se ha immediatamente respinto al mittente le accuse di protezionismo e discriminazione lanciate all'Europa, Barnier si è sentito comunque in dovere di annunciare una sua visita negli Stati Uniti la settimana prossima «per sviluppare un dialogo basato sulla fiducia reciproca».

«Dobbiamo impedire che le azioni speculative creino sui mercati incertezza al punto che i prezzi non forniscano più informazioni corrette e il finanziamento degli Stati lieviti a livelli decisamente ingiustificati» scrivono i Quattro al presidente della Commissione Ue e a quello semestrale dell'Unione, cioè al premier Luis Zapatero. Con la richiesta di avviare al più presto un'inchiesta sull'impatto degli scambi di Cds sui bond dei paesi europei.

In vista dell'Ecofin di martedì e poi del vertice europeo del 25-26 marzo a Bruxelles, i Quattro avanzano anche queste proposte concrete: la messa al bando, come già annunciato martedì da Barroso davanti all'europarlamento, dell'acquisto di Cds puramente speculativi, cioè non utilizzati a fini di copertura; il divieto di tutte le transazioni speculative sui Cds in quanto fanno crescere i prezzi, poi interpretati dai mercati come un aumento del rischio di default di un paese; l'imposizione di un periodo minimo di detenzione; la registrazione obbligatoria di tutti i derivati, Cds compresi, per consentire alle autorità europee di regolazione l'accesso illimitato alle informazione su scambi e portafogli che li riguardino; lo stop, infine, all'over the counter, in breve tutti i derivati ammissibili dovranno essere negoziati in Borsa o sulle piattaforme elettroniche.

E veniamo alla regolamentazione europea degli hedge fund e al tentativo fallito, ieri a Bruxelles, di raggiungere un accordo tra i 27, per la ferma opposizione inglese e le riserve di altri paesi, tanto che il dossier sarà ripreso in mano martedì dai ministri Ecofin. Il tutto mentre parallelamente ci lavora sopra l'europarlamento (co-decisore) con la speranza di chiudere entro l'anno.

«La decisione europea di legiferare sugli hedge fund è in linea con quella del G-20 di rafforzarne la trasparenza. Le nuove regole non discriminano gestori o fondi stranieri e non sono protezionistiche» ha puntualizzato ieri il portavoce di Barnier, convinto che Geithner «condivide la sua preoccupazione di rispettare la procedura legislativa europea».

Quel che allarma gli americani (e la City in quanto maggiore mercato europeo di fondi alternativi) è il sospetto che, con la scusa della supervisione e della trasparenza, l'Europa continentale limiti l'accesso al suo mercato dei fondi con sede extra-Ue. Come? Obbligando quelli che vogliano operare nell'Unione a piegarsi alle sue regole oppure a detenere la loro liquidità nelle banche europee.

Non c'è dubbio che la questione del trattamento da riservare ai fondi non-Ue sia una delle più spinose della trattativa. L'entrata in scena delle pressioni americane sommate a quelle inglesi potrebbe complicarle ulteriormente. Per questo Barnier si precipita a volare a Washington.

DOMANDE E RISPOSTE

Che cosa prevede la direttiva europea sugli hedge fund?
Riguarda i fondi alternativi di investimento, cioè gli hedge fund, fondi di private equity, quelli sulle commodity e il real estate e così via. L'obiettivo è di sottoporli ad autorizzazione e registrazione obbligatoria presso le autorità nazionali.
La direttiva riguarda i fondi domiciliati nella Ue con asset superiori a 100 milioni di euro e prevede tra le altre cose una riserva obbligatoria di capitale.
La norma che non piace agli Stati Uniti è quella che richiede ai fondi extra europei di ottenere l'approvazione da ogni singola autorità nazionale per poter operare nei paesi europei (per una sintesi della direttiva andare sul sito dell'Unione europea).

E la proposta americana?
La proposta di riforma al Senato elaborata da Chris Dodd prevede l'obbligo di registrazione degli hedge fund superiori ai 100 milioni di dollari (il testo della Camera alza la soglia a 150 milioni). L'obbligo di registrazione non riguarda invece fondi di private equity e di venture capita

12 marzo 2010
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